LANDINI A TESTA CALDA, UN MITO ITALIANO

Nel periodo tra le due guerre mondiali, l’Italia manteneva una vocazione economica quasi totalmente agricola. Il boom economico era ancora lontano e la vera e propria industrializzazione di massa sarebbe arrivata nel nostro paese solo dopo la Seconda Guerra Mondiale.

In questo scenario non mancavano comunque esempi di quello che sarebbe diventato poi un settore trainante, ovvero la produzione di macchinari. Nel 1884, Giovanni Landini fondava a Reggio Emilia la “Fabbrica di Attrezzi Agricoli ed Enologici”, specializzata nei macchinari a vapore. Ma già nel 1910 l’imprenditore costruì il suo primo motore fisso a testa calda: non una novità assoluta, all’estero veniva già impiegato specialmente nel settore navale, ma al signor Landini va il merito di averlo applicato per primo in Italia ai macchinari agricoli.

Bisogna aspettare invece il 1924 perchè il motore monocilindrico a testa calda venga applicato ad una trattrice agricola, nello specifico il prototipo del trattore 25/30 HP. La macchina si rivela subito riuscita, tanto che nel 1932 verrà affiancata dal più potente 40 HP. Entrambi condividono, oltre alla tecnologia del motore, il raffreddamento per evaporazione: in sostanza l’acqua di raffreddamento non veniva fatta circolare, ma riempiva una “vasca” intorno al motore. Immaginabile quindi la necessità di continui rabbocchi durante la stagione calda, problema comunque condiviso da tutta la produzione dell’epoca. Nella quale il Landini si distingueva per la potenza (solo in America si producevano trattori più potenti) e l’affidabilità nel funzionamento.

La vera consacrazione per Landini arriva però nel 1934 con l’introduzione del Super Landini. Con il suo monocilindrico da 12.200 cc, erogava nella prima versione 40-48 cavalli per arrivare poi a 45-50. Il raffreddamento avviene ora grazie ad un circuito con radiatore a tubi verticali e ventola, ma l’acqua continua a scorrere in maniera naturale vista l’assenza di una pompa. Il cambio è meccanico a tre marce avanti ed una retro, abbinato al solo differenziale posteriore.

Le vendite premiano le caratteristiche del Super Landini: sono circa 3.200 gli esemplari usciti dallo stabilimento di Fabbrico, utilizzati dalle grandi aziende agricole e dai contoterzisti per l’aratura, specie nelle grandi opere di bonifica agraria dei terreni incolti sottratti al pascolo e alla palude nel Ventennio fascista, ma anche per azionare trebbie, pressaforaggi, pompe irrigue.

La Landini ha anche utilizzato il motore e la parte anteriore del Super per costruire un motore stazionario con basamento piano, denominato motore Super Landini fisso (sigla SL F), utilizzato come gruppo elettrogeno, trasferendo la potenza tramite puleggia ad un generatore. Furono costruiti 26 esemplari di questo motore, utilizzati durante il periodo bellico dalla stessa Landini per la produzione dell’energia elettrica indispensabile alle proprie officine.

Quali sono le caratteristiche del motore “a testa calda”? Si tratta di un motore a due tempi a ciclo Sabathè, nel quale la combustione della miscela non viene generata da una scintilla (la candela) o dalla compressione (come nei moderni diesel) ma dal contatto della miscela stessa con una superficie riscaldata tra i 400-700°. Proprio per questo la calotta necessita di essere preriscaldata prima dell’accensione, mentre una volta messo in moto il motore mantiene la temperatura grazie al calore generato dalla combustione stessa. E’ chiaro che si tratta di un sistema scomodo, dalla gestione complessa specialmente in fase di accensione, una vera e propria arte. Ma i vantaggi rispetto alla trazione animale utilizzata in precedenza erano netti, con una produttività impensabile fino a pochi anni prima. Oltretutto un motore come quello utilizzato sul Super Landini poteva utilizzare carburanti diversi ed economici quali il gasolio, l’olio pesante od olii vegetali.

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